Con i loro modelli “circular-by-design” queste realtà giovani e dinamiche sono essenziali per rafforzare la leadership europea dell’Italia nel settore della circolarità, come emerge dal nuovo rapporto del Circular Economy Lab di Intesa Sanpaolo-Fondazione Cariplo.
Negli ultimi tre anni le startup italiane attive nel settore dell’economia circolare hanno raccolto 812 milioni di euro, con un picco di 450 milioni nel 2022, a cui è seguito un calo nel 2023 (96 milioni) per poi avere una ripresa nel 2024 (265 milioni). Lo rileva il Rapporto sull’Innovazione Circolare nelle Startup Italiane elaborato dal Circular Economy Lab (CE Lab), un’iniziativa congiunta di Intesa Sanpaolo Innovation Center e Cariplo Factory, nata nel 2018 per contribuire all’evoluzione del sistema economico italiano e diffondere nuovi modelli di creazione del valore nell’interesse collettivo.
L'obiettivo è quello di accelerare la transizione verso l’economia circolare: una missione a cui contribuisce anche Haiki+, che dal 2021 unisce innovazione, esperienza e competenza per cambiare il modo in cui vediamo i rifiuti, trasformandoli da scarti in risorse.
Le startup dell’innovazione circolare
Il CE Lab ha mappato 827 startup e pmi innovative del settore dell’economia circolare: con i loro modelli “circular-by-design” sono essenziali per rafforzare la leadership europea dell’Italia, che ha un tasso di utilizzo circolare dei materiali pari al 20,8% contro una media UE dell’11,8% (Rapporto sull’Economia Circolare in Italia).
A livello geografico, il 65% delle iniziative si concentra nel Nord Italia, con Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte come poli principali, il 18% al Centro e il 17% al Sud.
Degli 812 milioni di euro messi a budget tra 2022 e 2024, il Nord Italia ha catalizzato il 91% (oltre 740 milioni): in prima fila la Lombardia (495,4 milioni; 63%), seguita dal Piemonte (155,7 milioni; 20%). Il Centro ha attratto 50 milioni (6%), il Sud e le Isole 20,3 milioni (3%), evidenziando però una crescita significativa della quota dei deal nel 2024 (25% del totale nazionale).
A livello di settori, emerge un ecosistema specializzato: in particolare, tre verticali, ovvero soluzioni digitali (27,3%), transizione energetica (12,7%) e materiali innovativi (9%), coprono più della metà dell’offerta complessiva. Da sottolineare il ruolo dell’innovazione tecnologica: integrazione dati, intelligenza artificiale e piattaforme digitali aprono nuovi spazi applicativi per una gestione circolare più efficiente di risorse, prodotti e processi oltre che nuovi mercati e fonti di ricavo.
Profilo degli investitori e accesso al capitale
I finanziamenti avvengono in prevalenza attraverso venture capital (38%) e fondi pubblici (37%), che rappresentano insieme il 75% delle risorse allocate. La composizione degli investitori varia a seconda dei settori: nell’agrifood e nella gestione dei rifiuti è significativa la presenza di capitali pubblici, mentre in altri comparti, come transizione energetica e mobilità, centrali sono i venture capital.
Oltre metà degli investimenti sono in equity (57% del totale): una quota che cresce notevolmente nei round seed, raggiungendo quasi l’80%, per poi aumentare ulteriormente nei round Serie A e diventare praticamente totale nei round successivi.
In questo contesto emerge l’importanza del supporto pubblico, fondamentale per un’ampia platea di startup e pmi innovative, in particolare nelle fasi di minore maturità: l’azione coordinata di politiche comunitarie, nazionali e locali è conditio sine qua non per un’efficace allocazione delle risorse a disposizione.
Il futuro dell’ecosistema
Come sottolinea il rapporto del Circular Economy Lab, l’ecosistema italiano dell’innovazione circolare si trova in una fase di consolidamento, da cui emerge la necessità di maggiore omogeneità e resilienza. Quattro le direttrici d’azione per raggiungere tali obiettivi: potenziamento dell’equità geografica e settoriale, con iniziative mirate a diffondere la cultura dell’innovazione in tutte le regioni italiane e nei settori industriali a più alto potenziale di sviluppo; riforma del quadro normativo per facilitare le sperimentazioni industriali e ridurre il time-to-market dell’innovazione; accesso facilitato al mercato dei capitali, in particolare nelle fasi early-stage; trasparenza nella valutazione d’impatto circolare, con l’adozione di metriche standardizzate e interoperabilità dei dati.