Con la transizione ecologica e digitale l’Italia cresce: Pil +1,1% nel 2035

ASviS presenta il Rapporto di Primavera 2025 e traccia gli scenari per il futuro delleconomia italiana 

(di Maria Carla Rota)

Un’importante crescita del Pil rispetto allo scenario base, disoccupazione in calo, servizi pubblici più efficienti, comparti industriali rafforzati e riduzione del debito pubblico, nonostante l’aumento degli investimenti: se l’Italia decidesse di accelerare la transizione ecologica e digitale, ne trarrebbe numerosi benefici. Lo assicura il Rapporto di Primavera 2025 dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile ETS (ASviS), dal titolo Scenari per l’Italia al 2035 e al 2050. Il falso dilemma tra competitività e sostenibilità, realizzato in collaborazione con Oxford Economics.   

Lo scenario Net Zero Transformation 

Il rapporto si concentra su quattro scenari: Net Zero, Transizione Tardiva, Catastrofe Climatica e, infine, Net Zero Transformation, quest’ultimo basato su investimenti pubblici e privati mirati all’azzeramento delle emissioni nette. In questo caso, secondo le simulazioni, già nel 2035 il Pil italiano potrebbe essere più alto dell’1,1% rispetto allo scenario tendenziale, con un tasso di disoccupazione in calo dello 0,7%.  

Il beneficio per il Prodotto interno lordo nel 2050 salirebbe oltre l’8,4% rispetto a quello tendenziale, con un rapporto debito/Pil in miglioramento nonostante l’aumento degli investimenti.  

“È a questo scenario virtuoso che dobbiamo guardare, rispetto agli altri tre analizzati”, sottolinea Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS. “Dobbiamo accelerare la transizione, non rallentarla, e sostenerla con investimenti innovativi a tutto campo, perché questo produrrebbe risultati positivi per tutti i settori, con l’ovvia eccezione dell’estrazione e della produzione di combustibili fossili.” 

Il valore aggiunto settore per settore 

Secondo le previsioni, rispetto allo scenario di base, il valore aggiunto della manifattura resterebbe invariato nel 2035, ma crescerebbe del 9,3% nel 2050; quello dei servizi aumenterebbe dello 0,5% nel 2035 e del 5,9% nel 2050; quello delle costruzioni del 6,9% e del 18,2%; quello dell’agricoltura resterebbe stabile nel 2035, ma crescerebbe del 7,1% nel 2050; quello delle utilities del 13,9% nel 2035 e del 52,6% nel 2050 (con la ricomposizione a favore della generazione e distribuzione di energia elettrica da rinnovabili).  

L’industria nel suo complesso misurerebbe un incremento del valore aggiunto del 14,9% al 2050, più di quello previsto per la Germania nello stesso periodo, ma anche per i servizi è previsto un risultato complessivamente positivo, visto che presentano una bassa intensità energetica, che li rende più protetti dai costi della transizione e dalla debolezza della spesa dei consumatori. 

La redditività delle imprese aumenta 

La sostenibilità è una leva strategica per rafforzare il sistema produttivo e sociale del nostro Paese ed è sbagliato pensare che ci sia contrapposizione con la competitività”, commenta Pierluigi Stefanini, presidente dell’ASviS. “Come dimostrano le simulazioni condotte con Oxford Economics, l’inazione ha costi crescenti, mentre investire nella sostenibilità conviene, perché aumenta la redditività delle imprese e genera benessere sociale.” 

Secondo il rapporto, per esempio, le imprese manifatturiere che investono in sostenibilità registrano una produttività più alta del 5-8% rispetto alla media. Quasi il 50% delle imprese italiane ha adottato almeno una pratica di economia circolare con risultati finanziari migliori, maggiori investimenti e minore indebitamento.  

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