Smaltire rifiuti speciali in azienda: come orientarsi

Smaltire rifiuti speciali significa trattare tutti i residui che non hanno origine domestica: lo scarto, in altre parole, delle attività di industrie, imprese edili, attività commerciali o di procedure e operazioni sanitarie. In questo novero rientrano anche i residui dal trattamento di acque nere, dalla depurazione delle reflue o dal cattivo funzionamento di macchinari, apparecchiature e dispositivi guasti o obsoleti, nonché da veicoli a motore e rimorchi in disuso.

Questo ampio ventaglio di possibilità dà vita a una voce importante della produzione di rifiuti, come rilevato dal rapporto Ispra: 165 milioni di tonnellate di materiale (solo nel 2022 in Italia) che, proprio per la loro particolare natura, devono essere gestiti secondo precise procedure di trattamento. 

Per un’impresa, smaltire i rifiuti speciali in modo corretto comporta rigorosi protocolli e severi requisiti che non possono essere ignorati. Sia che vengano selezionati in vista del riciclo in altre lavorazioni oppure trattati prima di essere distrutti definitivamente, il destino di questi scarti deve essere affidato ad appositi soggetti autorizzati. 

La competenza del processo fa quindi capo a specifiche aziende certificate, le quali hanno l’onere di trasportare i rifiuti speciali nei centri di ritiro e riciclo, verificare il possesso di tutte le autorizzazioni necessarie e identificare correttamente i materiali di scarto.


Smaltire rifiuti speciali: come agire senza rischiare sanzioni

Come muoversi, dunque, senza incorrere in rischi di cattiva gestione e mancato rispetto delle normative, dato anche il peso delle possibili sanzioni amministrative? Il cuore del processo è il contatto con le aziende che, in virtù delle loro certificazioni, possono farsi carico delle operazioni: si tratta di aziende iscritte all’albo dei gestori ambientali, che quali possono rilasciare tutta la documentazione che attesta la raccolta dei rifiuti speciali avvenuta a norma di legge.

I rifiuti speciali, infatti, non vengono trattati tutti allo stesso modo. Un parametro di classificazione, ad esempio, è rappresentato dal grado di pericolosità: il rifiuto speciale pericoloso contiene infatti alte concentrazioni di inquinanti e di sostanze nocive per la salute e, di conseguenza, deve essere trattato allo scopo di renderlo innocuo prima di conferirlo in discarica.

In questo ambito rientrano ad esempio l’amianto, la lana di roccia, le vernici, le traversine ferroviarie, i medicinali e le batterie, ma anche svariati tipi di rifiuto sanitario e ospedaliero. Per questi scarti, la normativa prevede procedure piuttosto complesse e articolate: non possono essere smaltiti nelle comuni discariche, ma devono essere gestiti separatamente tramite operatori autorizzati e conferiti in luoghi appositi. Inoltre, possono essere trasportati solo da imprese autorizzate, i cui percorsi devono essere tracciati.


Smaltire i rifiuti speciali, quali step

Ma quali adempimenti deve rispettare l’impresa che produce rifiuti speciali per gestirli e smaltirli correttamente? Ecco i principali step.


1. Registrazione dei rifiuti

I produttori di rifiuti hanno l’obbligo di tenere un registro di carico e scarico dove annotare tutte le informazioni - quantitative (volume) e qualitative (tipologia) - sui rifiuti prodotti. Le imprese che non superano le 10 tonnellate l’anno di rifiuti non pericolosi (cioè che non richiedono uno smaltimento all’interno di impianti specifici) e le 2 tonnellate l’anno di produzione di rifiuti pericolosi possono delegare la compilazione del registro di carico e scarico da società di servizi che annotano i dati mensilmente.


2. Etichettatura e codice CER

Sui contenitori dei rifiuti speciali devono essere presenti le necessarie etichette informative, tra cui in primis il codice CER (Codice Europeo Rifiuti), che ne determina provenienza, processo dell’attività generatrice e tipo di rifiuto generato.


3. Analisi del rifiuto

È un passaggio cruciale del processo, che si svolge però solo in caso di contaminazione del rifiuto: grazie ad esso è possibile definire la non pericolosità o la pericolosità dello scarto, permettendo così un’efficace gestione e un adeguato smaltimento.


4. Stoccaggio

Gli spazi destinati al deposito temporaneo devono essere adeguatamente contrassegnati e delimitati, al fine di evitare ogni possibile dispersione. L’operazione deve avvenire nel rispetto delle prescrizioni su imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose.


5. Trasporto

Il trasporto dei rifiuti deve avvenire all’interno di appositi colli, differenti a seconda della pericolosità.


6. Smaltimento

Con lo smaltimento in appositi impianti a seconda della natura e della pericolosità del rifiuto, si conclude definitivamente il ciclo di vita di un rifiuto speciale pericoloso o non pericoloso.


End of Waste: quando la “fine” è un nuovo “inizio”

Una precisazione, tuttavia, è d’obbligo: la conclusione del ciclo di vita di un rifiuto non coincide necessariamente con l’idea di “morte” del materiale. Un rifiuto speciale può infatti vivere una “seconda vita” in virtù dei processi di riciclo e recupero nei quali può essere introdotto. È qui che subentra il concetto di End of Waste, in italiano “cessazione della qualifica di rifiuto”: il processo, in altre parole, attraverso il quale un rifiuto cessa di essere tale grazie a procedure mirate di recupero e acquisisce lo status di prodotto.

Nel caso dei rifiuti speciali, questo tema assume una particolare importanza: sulla scia di quanto previsto dal Green Deal europeo e dal Testo Unico Ambientale italiano, le imprese sono infatti chiamate a ragionare in termini di circolarità dei materiali, favorendone ove possibile il riutilizzo in nuova forma. In questo ambito è la normativa a dettare le “regole del gioco”: la legge infatti stabilisce le prescrizioni volte ad assicurare che determinate operazioni di recupero conducano effettivamente alla generazione di prodotti (e non di altre tipologie di rifiuti); elenca le tipologie di rifiuto che possono essere utilizzate come materiale di recupero e definisce quelli che non possono invece essere impiegati perché comprometterebbero, o rischierebbero di compromettere, il processo circolare.


Smaltire rifiuti speciali: come orientarsi sugli impianti

Considerato che in Italia l’albo dei gestori ambientali oggi conta una moltitudine di soggetti e che il processo di smaltimento fa capo ad oltre 10 mila impianti su tutto il territorio nazionale (5.928 sono situati al Nord, 1.899 al Centro e 2.936 al Sud, come indicato da Ispra), decidere a quali soggetti gestori e a quali impianti affidare i propri rifiuti speciali può rivelarsi particolarmente complicato.

La consulenza di un intermediario qualificato, in questo senso, può rivelarsi cruciale per individuare i migliori partner con cui avviare l’iter di smaltimento. Con il supporto di esperti del settore, infatti, il produttore può procedere con la corretta classificazione dei rifiuti speciali, evitando quindi i potenziali e pesanti rischi di una malagestione.

Fonti citate:

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