Smaltimento rifiuti urbani in 5 mosse: il vademecum per imprese

Lo smaltimento dei rifiuti urbani - o meglio, dei rifiuti aziendali assimilati agli urbani - non merita meno attenzione rispetto a quello dei rifiuti speciali, ovvero di specifica provenienza extra-domestica. Le procedure che chiudono il ciclo di vita degli scarti urbani sono infatti meno articolate e complesse, ma devono comunque essere gestite con la dovuta accuratezza per evitare sanzioni o danni d’immagine.


Smaltimento rifiuti urbani aziendali: una questione di “assimilazione”

Per definizione un’azienda non produce rifiuti urbani, ma speciali: in questo novero, tuttavia, rientrano anche gli scarti che per loro natura possono essere assimilati a quelli di provenienza urbana, normalmente prodotti dalle abitazioni civili. 

Ma di quali rifiuti stiamo parlando nello specifico? Il D.lgs. 116/2020 puntualizza che per “assimilati agli urbani” si intendono quei “rifiuti speciali che abbiano una composizione merceologica analoga a quella dei rifiuti urbani o, comunque, siano costituiti da manufatti e materiali simili a quelli elencati” nella deliberazione dedicata. Vediamo alcuni esempi qui di seguito:

  • imballaggi in genere (composti da carta, cartone, plastica, legno, metallo e simili);
  • contenitori vuoti (fusti vuoti di vetro, plastica e metallo, latte o lattine e simili);
  • sacchi e sacchetti di carta o plastica, in cui ricade anche il cellophane;
  • scarti di legno provenienti da falegnameria e carpenteria, trucioli e segatura;
  • ritagli e scarti di tessuto di fibra naturale e sintetica, stracci e juta;
  • gomma e caucciù (polvere e ritagli) e manufatti composti prevalentemente da tali materiali, come camere d'aria e copertoni;
  • scarti legati alla produzione di alimentari, purché non allo stato liquido;
  • scarti vegetali in genere (erbe, fiori, piante, verdure, ecc.), anche derivanti da lavorazioni basate su processi meccanici.

Orientarsi fra le prescrizioni per lo smaltimento dei rifiuti urbani

Questi scarti aziendali per la legge possono dunque ricevere lo stesso trattamento dei rifiuti urbani, normalmente in mano ai servizi di raccolta gestiti dalla Pubblica Amministrazione.

Per i rifiuti non pericolosi, si procedere con la separazione dalle altre tipologie di scarto, conferendoli negli appositi contenitori a seconda delle indicazioni fornite a livello locale, mentre maggior attenzione va posta per i rifiuti pericolosi: i principali sono i medicinali scaduti, i toner e le cartucce esausti, pile e batterie esauste nonché i prodotti e relativi contenitori etichettati "T" (tossici) o "F" (infiammabili).


Le 5 mosse per una strategia vincente

Davanti a queste classificazioni, ognuna dotata di specifica procedura, un’impresa può avere difficoltà a stabilire “quali” scarti affidare a “chi": ecco allora le 5 mosse chiave da seguire per il corretto trattamento dei rifiuti urbani.


1. Avvia il Waste Audit

Il primo passo da compiere è mettersi nelle condizioni di conoscere perfettamente le diverse tipologie di rifiuti prodotti in azienda: si tratta quindi di effettuare un vero e proprio Waste Audit, definendo quali e quanti rifiuti vengono prodotti e come trattarli, così come le fasi del processo operativo.

Sulla base del Waste Audit si sviluppa poi un workflow di gestione che consente non solo di trattare o recuperare i rifiuti nel pieno rispetto delle norme, ma anche di individuare facilmente eventuali punti critici e sprechi anche nella filiera.


2. Punta sulla formazione

I rifiuti, abbiamo visto, possono essere di numerose tipologie e di differenti livelli di pericolosità. Di questo “mare magnum” è fondamentale che tutto il personale sia coinvolto nel processo di corretta gestione, partendo proprio da abitudini virtuose nei confronti di quei rifiuti assimilati agli urbani.

Sulla base del Waste Audit, diventa semplice determinare le azioni più efficaci su questo fronte: non solo la predisposizione di contenitori appositi negli uffici, ma anche momenti ad hoc per diffondere buone pratiche nella gestione dei rifiuti in ottica circolare.


3. Stabilisci le procedure

La legge offre un certo margine di manovra alle imprese in termini di smaltimento dei rifiuti urbani. Sulla base dell’iniziale Waste Audit, l’azienda oggi può pianificare precise procedure in questo senso: affidarsi cioè al servizio di raccolta pubblica gestito dalla Pubblica Amministrazione, oppure - grazie alle novità introdotte dal D.lgs. n. 116/2020, emanate per favorire maggiore libertà e concorrenzialità tra gestore pubblico ed operatori privati - conferire “al di fuori del servizio pubblico comunale i propri rifiuti urbani, consegnandoli ad un soggetto autorizzato che rilascerà apposita attestazione”.

Le imprese possono quindi stipulare una convenzione o un contratto di tipo privatistico sia con l'Ente gestore del servizio pubblico, che con un soggetto terzo autorizzato, in questo caso fissando i parametri tecnici ed economici per una gestione efficiente.


4. Approfondisci le opzioni disponibili

L’azienda, se nelle facoltà, potrebbe anche valutare l’ipotesi di conferire direttamente i propri rifiuti urbani negli ecocentri comunali. Si tratta, però, di un’opzione non sempre vagliabile: è importante valutare quanto previsto in tal senso dalle specifiche deliberazioni comunali o dal regolamento locale per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

Il ricorso all’ecocentro comunale è possibile nel solo caso in cui questo sia espressamente previsto dal Comune, tenendo presente che è assolutamente necessaria l’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali per tutte le aziende che trasportano i propri rifiuti.


5. Non sottovalutare il rischio di sanzioni

Quest’ultima prescrizione - relativa all’obbligo di iscrizione all’Albo - apre le porte all’ultima, importantissima linea guida: un atteggiamento superficiale nella gestione dei rifiuti urbani, indebitamente considerati più comuni e innocui, può infatti costare molto caro all’impresa in termini di denunce e sanzioni.

L’esempio della mancata iscrizione all’Albo dei gestori ambientali è emblematico: il D.lgs. 152/2006 precisa, infatti, che “chiunque effettui una attività di trasporto rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione” viene punito con:

  • con l’arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
  • con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e la stessa ammenda indicata poc’anzi se si tratta di rifiuti pericolosi.

Perché serve una consulenza specializzata

Data l’importanza e la delicatezza della questione, anche per lo smaltimento dei rifiuti urbani è importante che l’impresa si affidi a un consulente specializzato. Obiettivo finale di questa partnership deve essere la definizione di un programma operativo di gestione globale degli scarti, attraverso soluzioni pratiche e personalizzate che rispondano appieno non solo alle richieste normative, ma anche alla forte e crescente pressione cui l’impresa è sottoposta in termini di responsabilità sociale e ambientale.

Fonti consultate:

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