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Come si riciclano le batterie al piombo

Scritto da Haiki+ | 10 July 2025

Una gestione corretta degli accumulatori al piombo-acido è fondamentale per proteggere lambiente, tutelare la salute pubblica e sostenere una transizione energetica fondata su un uso più responsabile delle risorse.

 

Le batterie al piombo-acido, sostanzialmente le batterie “tradizionali”, rappresentano una delle tipologie di accumulatori più diffuse: sono comunemente utilizzate nelle auto, nelle moto e negli altri veicoli, principalmente per l’avviamento del motore termico e l’alimentazione di tutte le utenze elettriche di bordo, ma hanno anche molte altre applicazioni, dai gruppi di continuità (UPS) ai sistemi di accumulo energetico in campo industriale. Una volta che hanno esaurito il ciclo di vita si possono riciclare quasi completamente, diventando così una preziosa fonte di materiali. 

Come funzionano le batterie al piombo  

Gli accumulatori al piombo-acido, conosciuti anche come batterie al piombo-acido o batterie al piombo, sono stati inventati a metà Ottocento dal fisico francese Gaston Planté: per funzionare utilizzano piastre di piombo e una soluzione di acido solforico come elettrolita.  

Nello specifico, questi dispositivi elettrochimici sono composti da piombo metallico (Pb), presente nelle piastre negative, biossido di piombo (PbO₂), presente nelle piastre positive, una soluzione elettrolitica di acido solforico (H₂SO₄) diluito, che permette il passaggio degli ioni tra gli elettrodi, e un involucro plastico, generalmente in polipropilene. 

Grazie alla loro lunga storia sono considerate una tecnologia consolidata e ampiamente diffusa, che offre una buona affidabilità e durata e, rispetto ad altre tipologie, ha il vantaggio di un costo relativamente contenuto dei materiali di cui è composta.  

Il riciclo delle batterie al piombo-acido 

Le batterie al piombo sono classificate come rifiuti pericolosi, dato che contengono sostanze tossiche per l’ambiente e per la salute, come il piombo, metallo che, se non correttamente trattato, può contaminare suolo, acqua e aria, e l’acido solforico, composto fortemente corrosivo che danneggia qualsiasi materiale con cui entra in contatto. 

Il primo passo per un corretto riciclo è la raccolta differenziata delle batterie esauste tramite punti autorizzati, come officine meccaniche, rivenditori o centri comunali.  

Essendo rifiuti speciali, il successivo trasporto deve avvenire tramite operatori specializzati e in conformità al regolamento ADR, una normativa tecnica internazionale che disciplina le condizioni per trasportare sostanze pericolose su gomma in sicurezza e con tracciabilità garantita. 

Le batterie esauste vengono così trasferite verso impianti specializzati, come quelli gestiti da Haiki+, che, con le sue quattro divisioni, si propone come polo europeo della circolarità, capace di soddisfare ogni richiesta grazie a competenze diversificate, innovazione tecnologica e gestione strategica degli scarti prodotti. 

A questo punto le batterie vengono frantumate attraverso appositi trituratori industriali e, successivamente, i frammenti dei materiali di cui sono composte vengono selezionati: il piombo viene recuperato tramite sedimentazione e separazione gravitazionale, mentre l’acido solforico viene neutralizzato con basi forti, come idrossido di sodio. Il polipropilene del contenitore viene invece lavato, fuso e destinato al riutilizzo tramite produzione di nuovi componenti plastici. 

Il piombo recuperato viene fuso in forni ad alta temperatura, oltre i 600°C, poi viene lasciato decantare per separare le scorie. Inizia quindi il processo di raffinazione, al termine del quale si ottiene piombo secondario di elevata purezza, pronto per essere riutilizzato, anche nella produzione di nuove batterie. 

Normative e responsabilità del produttore 

Il riciclo delle batterie al piombo è un processo attentamente regolamentato. Alla base c’è il concetto di responsabilità estesa del produttore (EPR), introdotto in Italia dal D.Lgs. 188/2008 (in recepimento della Direttiva Europea 2006/66/CE) , secondo cui i produttori sono responsabili della gestione del fine vita delle batterie e quindi tenuti a organizzarne il sistema di raccolta.  

Il D.lgs. 188/2008 ha anche istituito il Centro di Coordinamento Nazionale Pile e Accumulatori (CDCNPA), che ha il compito di ottimizzare le attività di competenza dei sistemi di raccolta e quello di definire le modalità di determinazione e ripartizione dei finanziamenti, da sottoporre all’approvazione del Comitato di Vigilanza e Controllo. Provvede inoltre a realizzare campagne di informazione per i consumatori, organizza per tutti i consorziati un sistema capillare di raccolta, assicura il monitoraggio e la rendicontazione dei dati relativi alla raccolta e al riciclaggio, garantisce il necessario raccordo tra la Pubblica Amministrazione, i sistemi di raccolta e gli altri operatori economici. 

Recentemente, la Direttiva 2006/66/ CE è stata sostituita dal Regolamento UE 2023/1542 relativo a tutte le tipologie di batterie e rifiuti di batterie, entrato in vigore il 18 febbraio 2024, fatta eccezione per alcune norme specifiche. Oltre a specificare i criteri di prestazione, durabilità e sicurezza che riguardano le restrizioni sulle sostanze pericolose, tra cui il piombo, nonché le informazioni obbligatorie sull’impronta di carbonio delle batterie, stabilisce anche alcuni obiettivi. Per esempio, quello per il recupero del piombo è pari al 90% entro la fine del 2027, destinato poi a salire al 95% entro la fine del 2031, mentre l’obiettivo di efficienza di riciclaggio per le batterie al piombo-acido ammonta al 75% entro la fine del 2025. 

I vantaggi ambientali ed economici 

Il riciclo delle batterie al piombo è un esempio virtuoso di economia circolare, che presenta vantaggi economici e ambientali per la sua efficienza tecnica nel recupero dei materiali, ma anche per l’importante contributo che offre alla sostenibilità. 

Oltre a evitare la dispersione di sostanze tossiche nell’ambiente, limita l’estrazione di nuove materie prime nelle miniere, che è una tra le attività più impattanti in termini di consumo energetico e produzione di CO₂.  

Il riciclo consente anche di reimmettere nel mercato oltre il 90% dei materiali contenuti nelle batterie, riducendo la dipendenza da fornitori esterni e aumentando la sicurezza degli approvvigionamenti. Inoltre, favorisce la nascita di filiere specializzate e l’occupazione in settori ad alta intensità tecnologica. Un processo strategico a 360 gradi, capace di trasformare un rifiuto potenzialmente pericoloso in una preziosa risorsa.