Dagli pneumatici usati, provenienti sia dal settore del ricambio sia da quello dell’autodemolizione, è possibile recuperare materia ed energia, in un’ottica di economia circolare
(di Maria Carla Rota)
Ogni anno nel mondo vengono generati circa 26 milioni di tonnellate di pneumatici fuori uso (PFU), secondo Cordis. Solo in Europa nel 2023 ne sono stati registrati circa 4,2 milioni, di cui appena 600.000 tonnellate sono state destinate al riutilizzo o alla ricostruzione, mentre la restante parte – circa 3,6 milioni di tonnellate – è stata considerata a tutti gli effetti rifiuto.
Una sfida ambientale sempre più urgente, anche perché in futuro la quantità di PFU è destinata ad aumentare, in linea con la crescita del parco auto globale: in particolare, con la diffusione dei veicoli elettrici – più pesanti e con maggiore capacità di accelerazione – la durata di vita dei copertoni è destinata a diminuire.
Il riciclo degli pneumatici: come funziona
Il processo di riciclo degli pneumatici usati inizia con la raccolta dei PFU da parte di aziende autorizzate, iscritte all’Albo Gestori Ambientali in cat. 4: i copertoni vengono prelevati dai punti di generazione, come officine e gommisti, e vengono trasportati agli impianti di trattamento, talvolta passando per uno stoccaggio intermedio.
Si succedono a questo punto diverse fasi: la prima è quella della stallonatura, che riguarda principalmente pneumatici di medie e grandi dimensioni e consiste nella rimozione dell’acciaio armonico. Si passa poi alla frantumazione primaria: grandi cesoie rotanti tagliano la gomma in pezzi da 5 a 40 cm, il cosiddetto “ciabattato”, adatto alla valorizzazione energetica nei cementifici, grazie al potere calorifico simile a quello del carbone, ma con minori emissioni climalteranti.
Con la frantumazione secondaria i frammenti vengono ulteriormente ridotti a 10-25 mm, generando il “cippato di gomma”: in questa fase si recupera ancora buona parte dell’acciaio armonico.
Dalla terza frantumazione, infine, nascono granulo e polverino di gomma, due materiali estremamente versatili, destinati a numerose applicazioni nei settori delle costruzioni, dello sport e della sicurezza urbana.
Granulo e polverino di gomma: le applicazioni
Grazie alle loro caratteristiche fisico-meccaniche, in particolare elevata elasticità, resistenza alla compressione e capacità di assorbire gli urti, granulo e polverino di gomma sono largamente utilizzati nella realizzazione di campi sportivi in erba sintetica, che non richiedono di conseguenza irrigazione. Sono ideali anche per piste di atletica, superfici per l’equitazione, pavimentazioni antitrauma per parchi giochi e aree ricreative per bambini, dove la sicurezza è un requisito fondamentale.
Altrettanto importante è l’impiego del granulo di gomma nel settore edilizio e infrastrutturale, ad esempio per la produzione di isolanti acustici, pannelli fonoassorbenti e materiali con proprietà antisismiche, che beneficiano della capacità del materiale di attenuare vibrazioni e propagazioni sonore. Grazie all’innovazione tecnologica, queste applicazioni sono in costante evoluzione e aprono la strada a nuove soluzioni ad alta prestazione anche nel campo dell’edilizia sostenibile.
Infine, uno degli utilizzi più rilevanti in termini di volumi è rappresentato dagli asfalti modificati con gomma riciclata: una soluzione tecnica sempre più adottata, che migliora la durabilità del manto stradale, ne riduce il rumore da rotolamento e contribuisce a chiudere il ciclo virtuoso di recupero dei PFU (Pneumatici Fuori Uso), trasformando un rifiuto potenzialmente inquinante in una risorsa utile per la mobilità del futuro.
Intanto, il settore della ricerca procede nel tentativo di mettere a punto da un lato innovativi processi di trattamento dei PFU, come la pirolisi e la frantumazioni water jet, dall’altro pneumatici 100% sostenibili, senza compromettere sicurezza e prestazioni.
PFU In Italia: dati e normativa
In Italia nel 2022 sono state gestite circa 520 mila tonnellate di pneumatici fuori uso, oltre a 84 mila tonnellate esportate all’estero, secondo l’ISPRA. La gran parte dei PFU raccolti è avviata a recupero di materia (85,4%).
A livello normativo il settore è stato regolato per la prima volta con l’art. 228 del D.Lgs 152/2006, o Testo Unico ambientale, che ha introdotto il Principio della Responsabilità estesa del Produttore (EPR). Il quadro normativo di riferimento è stato poi aggiornato più volte, fino al Decreto Ministeriale 19 novembre 2019, n. 182, che ha introdotto alcune importanti novità, tra cui l’istituzione del Registro Informatico dei Produttori e Importatori e la definizione di un quantitativo in peso di PFU da dover raccogliere, pari al 95% del peso degli pneumatici immessi sul mercato, di qualsiasi marca ma equivalenti per tipologia.
La circolarità degli pneumatici usati
Secondo la normativa europea, quindi, i PFU devono essere gestiti rispettando la gerarchia dei rifiuti: riutilizzo, riciclo di materia, recupero energetico. A questo processo di economia circolare contribuisce anche Haiki Cobat, parte del Gruppo Haiki+, che offre servizi di gestione dei prodotti giunti a fine vita, tra cui gli pneumatici fuori uso, oltre a consulenza e formazione alle imprese per lo sviluppo sostenibile.
La sua rete fa riferimento a un network logistico e di impianti accuratamente selezionati in base ai più rigidi standard ed è presente, in modo capillare, su tutto il territorio nazionale, permettendo così di ottimizzare i costi e minimizzare l’impatto ambientale.