Come si riciclano gli oli esausti

Gli oli esausti, considerati rifiuti speciali pericolosi, possono essere parte di un percorso completo di economia circolare: ecco come riciclarli correttamente, evitando di disperderli nellambiente.

 

Nelle nostre città è sempre più frequente notare punti di raccolta per gli oli esausti, che si possono trovare sparsi sul territorio, oltre che nelle isole ecologiche. Non gettare questi liquidi nel lavandino, nei tombini o nei cassonetti, disperdendoli nell’ambiente, è fondamentale, perché si tratta di rifiuti speciali pericolosi: ecco, allora, come effettuare correttamente lo smaltimento di questo particolare tipo di scarti. 

Che cosa sono gli oli esausti 

Innanzitutto, è importante capire che l’insieme degli oli esausti è piuttosto ampio: dall’olio del motore agli oli industriali, dall’olio di frittura di una cotoletta al fondo di un barattolo di tonno sott’olio, si tratta sempre di rifiuti molto inquinanti, che però possono essere recuperati e trasformati in nuove risorse utili.  

Per l’esattezza, il termine esausti indica che sono oli che hanno perso le loro caratteristiche originarie a causa dell’uso. Si dividono principalmente in due categorie: minerali o vegetali. Se gli oli minerali esausti derivano principalmente da oli lubrificanti per motori (oli scuri), oppure da lavorazioni industriali (oli chiari), gli oli vegetali esausti provengono invece da cucine domestiche, ristoranti, mense e industrie alimentari. 

Perché gli oli esausti sono rifiuti speciali pericolosi 

Gli oli esausti sono considerati rifiuti speciali pericolosi, perché, se non gestiti correttamente, possono causare danni gravi, in particolare quelli minerali, che contengono una serie di contaminanti nocivi, tra cui metalli pesanti e composti organici volatili, destinati a restare a lungo nell’ambiente.  

L’olio esausto vegetale, pur non contenendo sostanze altrettanto pericolose, crea nel sottosuolo una barriera impermeabile che impedisce alle radici delle piante di assorbire i principi nutritivi necessari per la crescita. In mare, invece, genera una sorta di patina che, ostacolando l’ossigenazione, danneggia la vita acquatica. In più, se versato negli scarichi o nella rete fognaria, ostacola il corretto funzionamento delle condotte e dei depuratori. 

Come si riciclano gli oli esausti 

Il processo di riciclo degli oli esausti si divide in diverse fasi, che seguono percorsi diversi a seconda della categoria. La prima fase è quella della raccolta differenziata: gli oli minerali vengono raccolti da officine, industrie e punti vendita autorizzati, che hanno come punto di riferimento il CONOU (Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati), mentre gli oli vegetali, che hanno come punto di riferimento il CONOE (Consorzio nazionale per la raccolta e il trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti) vengono raccolti da ristoranti, mense e, sempre più spesso, anche dai cittadini. 

A questo punto gli oli esausti così raccolti vengono trasportati da aziende specializzate per mezzo di contenitori sicuri, in modo da evitare perdite, e stoccati in impianti autorizzati. 

Inizia quindi la fase di rigenerazione o di recupero energetico. Gli oli minerali esausti possono essere sottoposti a processi chimico-fisici che li riportano a nuova vita come basi lubrificanti (questa è la forma di recupero più virtuosa) oppure possono essere usati per il recupero energetico mediante incenerimento in impianti appositi. Gli oli vegetali, invece, possono essere trasformati in biodiesel, un biocarburante che riduce le emissioni di CO₂ rispetto ai carburanti fossili. 

I vantaggi ambientali ed economici  

Riciclare correttamente gli oli esausti offre numerosi benefici, sia ambientali che economici, all’interno di un quadro più ampio di economia circolare, che promuove una filiera industriale più sostenibile e responsabile. 

Innanzitutto consente di ridurre sensibilmente l’inquinamento di suolo e falde acquifere, evitando danni spesso irreversibili agli ecosistemi. Inoltre, attraverso il riutilizzo delle materie prime contenute negli oli usati, si possono risparmiare preziose risorse naturali, mentre la possibilità di produrre energia pulita e combustibili alternativi diminuisce la dipendenza da fonti fossili e oli vergini importati dall’estero.   

Per ottimizzare il processo di recupero e rigenerazione è importante potersi affidare a società specializzate, come Haiki+, presente in svariate regioni italiane con impianti dedicati al riciclo di diverse tipologie di rifiuti. In particolare, con oltre 1.550 clienti in vari settori merceologici, tra cui grande distribuzione organizzata (GDO), manifattura, ristorazione e logistica, la controllata Haiki Recycling contribuisce attivamente a tagliare l'impatto ambientale e incrementare la quantità di materiali recuperati attraverso un'efficiente gestione della filiera.  

In questo contesto, negli scorsi mesi la Provincia di Novara ha dato l'autorizzazione per la costruzione di un nuovo impianto a San Pietro Mosezzo per il recupero di materiali specifici, tra cui proprio oli minerali e vegetali, oltre che pile, batterie al piombo e accumulatori esausti.   

Cosa possiamo fare nel quotidiano 

Ognuno, nel proprio piccolo, può fare la differenza. Il primo passo è evitare assolutamente di versare l’olio usato nel lavandino della cucina, nel WC o nei tombini, pratiche dannose e purtroppo ancora molto diffuse. L’olio da frittura va invece raccolto in bottiglie di plastica o contenitori dedicati e poi portato negli appositi punti di raccolta.  

Ogni Comune dispone di un servizio di questo tipo ed è importante informarsi su dove e come conferire correttamente questo rifiuto. Infine, è importante sensibilizzare un numero sempre maggiore di persone sull’importanza di un corretto smaltimento, contribuendo così alla diffusione di una cultura ambientale più consapevole.