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Urban mining, cos'è e perché rivoluziona la gestione rifiuti

Scritto da Haiki+ | 13 September 2023

L’urban mining è l’innovativo approccio destinato a dare un nuovo volto alla gestione rifiuti. Con questa espressione – anche nota come “estrazione urbana” - si intende il processo virtuoso che permette di estrarre dai rifiuti metalli e materiali preziosi e rari: risorse importantissime, destinate a entrare in un circuito di economia circolare in veste di materie prime seconde, dando così nuova vita a quelli che normalmente sarebbero stati trattati come scarti.

In termini pratici, dunque, l’urban mining rappresenta l’alternativa sostenibile allo sfruttamento delle risorse che non sono rinnovabili: un tassello cruciale nella corsa verso la piena realizzazione dell’economia circolare, in uno scenario globale in cui solo l’8% delle risorse oggi è frutto di pratiche di riciclo o recupero – come ricorda il Circularity Gap Report.


Urban mining, perché è un’opportunità preziosa

Nel concreto, l’urban mining mira a valorizzare tutti quegli elementi naturali che si concentrano nei rifiuti: risorse che normalmente provengono dai giacimenti minerari - con tutte le conseguenze ambientali, economiche e sociali che ne derivano - e che, invece, possono essere estratti dai materiali di scarto.

Pensiamo ad esempio al rame. Le statistiche Enea affermano che da una tonnellata di schede elettroniche se ne possono ricavare circa 2 quintali, oltre a circa 46kg di ferro, 28kg di stagno e alluminio e 18kg di piombo, così come quantitativi inferiori di argento, platino e palladio.

In questa prospettiva. gli smartphone rappresentano una miniera ricchissima, così come i rifiuti urbani, gli scarti da costruzione e demolizione, le discariche minerarie abbandonate, i materiali tessili – senza dimenticare le 361.000 tonnellate di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) conferite in discarica in Italia soltanto nel 2022, come riporta il Centro di Coordinamento RAEE.


Urban mining e le potenzialità circolari dei RAEE

Con l’urban mining, riciclare e reimmettere nel ciclo produttivo le materie prime seconde ricavate dai rifiuti elettronici domestici può valere il risparmio di quasi 7.000 tonnellate di CO2 nell’atmosfera, evitando il pesante impatto ambientale dell’estrazione e della lavorazione dei minerali, dei combustibili fossili e delle biomasse.

Risulta quindi semplice comprendere l’importanza della valorizzazione dei metalli preziosi contenuti nei rifiuti. Non a caso, questa azione virtuosa rientra a pieno titolo nelle pratiche suggerite dall’Agenda 2030 dell’ONU (“Obiettivo 11: Città e comunità sostenibili”), perabbattere l’impatto ambientale negativo delle città, specialmente per quanto concerne la qualità dell’aria e la gestione scarti.


Urban mining, un nuovo “modo di pensare"

Ma cosa significa realizzare un sistema di urban mining? E quali sono i requisiti necessari per attuare questo approccio? L’urban mining, va puntualizzato, non è un’attività della singola impresa, ma è un sistema in cui molteplici attori lavorano per raggiungere la circolarità dei processi produttivi, riutilizzando materiali tutte le volte che i prodotti in cui sono contenuti vanno in disuso. In questo quadro, una filiera circolare che si avvalga dell’urban mining può essere concretizzata solo se tutto il ciclo di vita dei prodotti viene ripensato fin dalle fondamenta.

I beni di consumo devono quindi essere progettati in chiave sostenibile con l’obiettivo di accrescerne la durabilità e favorirne la scomponibilità, in modo da renderli facilmente riparabili e riciclabili. Al contempo è necessario attivare un importante cambio di mindset che coinvolga tutti i possibili stakeholder: dalle industrie, centri di ricerca, aziende di gestione e di recupero sino ai decision-maker e ai cittadini. È essenziale apprendere a ragionare in modalità sistemica, in un continuo scambio di strategie e competenze tra pubblico e privato, per arrivare fino al contributo dei singoli.


I benefici di un sistema di urban mining

Attuare questo nuovo modello di gestione significa ottenere benefici importanti per la società, facilitando l’attuazione di un nuovo paradigma economico in cui riscontrare:

  • riduzione della dipendenza dai Paesi esteri fornitori di materie prime critiche (Cina in primis);
  • taglio ai costi delle attività aziendali di gestione rifiuti;
  • attivazione di un circolo virtuoso che consente di abbattere le emissioni di gas climalteranti;
  • messa a terra delle basi per una crescita sostenibile globale.

Se, in un tale scenario, si considera che 6,7 miliardi di persone vivranno nelle aree urbane entro il 2050 secondo il Global Environment Outlook (ovvero circa il 66% della popolazione mondiale) e che Paesi emergenti e in via di sviluppo saranno protagonisti di un’importante crescita industriale ed economica, è facile intuire quanto le risorse legate all’urban mining siano destinate ad aumentare. La rivoluzionaria frontiera delle “miniere” urbane di rifiuti, dunque, è già sotto gli occhi di tutti. Solo pronta da sfruttare in piena ottica di economia circolare.

Fonti citate: