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Olio alimentare esausto: un rifiuto domestico da trasformare in risorsa

Scritto da Haiki+ | 16 September 2025

In Italia ogni anno si producono 260.000 tonnellate di olio esausto: raccolta e riciclo sono la chiave per l’economia circolare


Ogni anno, in Italia, vengono prodotte circa 260.000 tonnellate di olio alimentare esausto. Una quota rilevante, pari a circa i due terzi del totale, proviene direttamente dalle cucine domestiche. Nonostante l’impatto ambientale di questo rifiuto sia molto alto, meno del 10% dell’olio esausto domestico viene raccolto e trattato in modo corretto, come rileva il CONOE, il Consorzio nazionale raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti. 

Il problema è meno visibile rispetto ad altri rifiuti, ma non per questo meno grave. Un solo litro di olio è infatti capace di contaminare fino a un milione di litri d’acqua. Quando smaltito nel lavandino o nel WC, pratica purtroppo ancora diffusa, l’olio non si degrada, compromette le falde acquifere, danneggia i suoli, rende complesso il trattamento delle acque reflue e può causare ostruzioni domestiche alle tubature. 

La consapevolezza dei cittadini rimane bassa. Secondo un’indagine Altroconsumo, le principali difficoltà riguardano la carenza di informazioni chiare e la scarsa accessibilità dei punti di raccolta, spesso lontani o poco segnalati. I dati ISPRA confermano la situazione: la media nazionale di raccolta è di soli 0,24 litri per abitante all’anno. A Milano, per esempio, AMSA rileva che ogni cittadino produce circa 3 kg di olio esausto, ma solo un quarto viene effettivamente conferito. A Torino, delle oltre 1.000 tonnellate prodotte ogni anno, solo una percentuale minima viene raccolta correttamente. A livello nazionale, secondo ARPAV, la quota di olio esausto gestita in modo corretto non supera il 13%. 

Eppure questo rifiuto rappresenta un’opportunità concreta per l’economia circolare. Se raccolto correttamente, può essere trasformato in risorsa: circa il 90% dell’olio esausto raccolto in Italia diventa biodiesel, un carburante rinnovabile che contribuisce alla riduzione delle emissioni. Inoltre, l’olio recuperato può essere utilizzato per produrre saponi, biolubrificanti, cosmetici, inchiostri e cere industriali. Secondo le stime del CONOE, se la totalità dell’olio generato ogni anno venisse recuperata e trasformata, si eviterebbero fino a 790.000 tonnellate di CO₂ equivalente e si risparmierebbero circa 282.000 metri cubi d’acqua. 

Il nodo principale riguarda la disparità di gestione tra il settore professionale e quello domestico. Mentre i ristoranti e le attività produttive, soggetti a un contributo ambientale, raggiungono percentuali di raccolta vicine al 100%, le famiglie non dispongono di un sistema strutturato e diffuso. Alcune esperienze locali mostrano però buoni esempi. Roma ha avviato raccolte dedicate nelle scuole, Milano ha sperimentato punti di conferimento nei supermercati, Bari ha attivato una rete tramite le parrocchie, mentre Genova ha sviluppato un sistema capillare sul territorio. Quando il servizio è accessibile e visibile, la partecipazione dei cittadini cresce in modo significativo. La gestione dell’olio alimentare esausto rappresenta quindi una sfida ambientale e culturale, ma anche un’opportunità concreta per accelerare la transizione verso un modello di economia circolare realmente sostenibile.